LETTERA A BERSANI E SPERANZA

Pubblichiamo la lettera di Carlo Riboldi inviata, un mese fa circa, all'ex segretario Bersani e a Speranza.


Cari Pierluigi Bersani e Roberto Speranza,
sono Carlo Riboldi, pensionato della CISL, iscritto al PD, circolo di Carugate (MI).
In premessa vorrei segnalarvi quanto ho scritto a Renzi nell’ottobre scorso dove, oltre a esprimere
condivisione su scelte del Governo e apprezzamento per la sua energia e freschezza, gli facevo
notare alcune criticità:

“Cerca di evitare le semplificazioni: non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.
Ti devi intestare non solo la brillantezza della proposta, ma anche la "fatica" della
spiegazione, che è la maniera più efficace per conquistare un consenso consapevole e
duraturo. Questo atteggiamento, ovviamente, non deve valere solo per te ma per tutti i
dirigenti del PD. Per questo non condivido per nulla coloro che sono contro a
"prescindere" o si limitano alle battute sbrigative. In una comunità politica, le differenze ci
possono e ci debbono essere. Vanno rese esplicite apertamente e discusse, ma non
possono trasformarsi in un conflitto distruttivo, in una "guerra". Il conflitto va bene, ma con
la Convenzione di Ginevra! E per finire una raccomandazione che dovrebbe valere per
tutti noi del PD, a partire da chi ha responsabilità: noi siamo nati con una bocca e due
orecchie, perché dobbiamo ascoltare il doppio di quanto parliamo. Ascoltare, conoscere,
discernere, decidere.”

Venendo all’oggi, alcune considerazioni.
  • Il PD si sta muovendo in un contesto pieno di sfide. Il tema centrale su cui costruire  l’identità del PD (non è Verdini o Alfano per piacere!). Dovrebbe essere la lotta alle  diseguaglianze in tutte le sue forme: lavoro, reddito, sapere, potere. Ma tradurre in concreto questa battaglia non è facile. Non esistono ricette semplici per redistribuire il  reddito. Ancora più complicato trovarle per redistribuire il lavoro. E’ un cammino tortuoso, che implica una discussione vera e comporta la fatica del confronto. Ma che bisogna fare. Meno personalismi, meno pressapochismi, magari solo per apparire, e più elaborazione di squadra. Non esistono scorciatoie. 
  • Nella società della comunicazione come la nostra, tutta la discussione politica finisce per essere strumentale all’apparire, piuttosto che al costruire idee e progetti. Anche il PD talvolta rischia di diventare una piazza di mercato dove tutti, al di là dei ruoli e delle responsabilità ricoperti, avanzano una loro idea o proposta, tanto per farsi notare. Questo eccessivo esporsi, con contrapposizioni talvolta artificiose, non solo crea confusione, ma rende difficile l’azione politica del PD. L’effetto vetrina può soddisfare l’ego dei singoli, ma non fa fare un passo avanti all’insieme. Ciò che non condivido poi, è che il dissenso si trasformi in un continuo chiamarsi fuori dalle decisioni collettive. L’esercizio dell’attività politica deve essere servizio al paese, e non una semplice occasione per affermarsi. Quindi calma e gesso!
  • Il partito è una associazione libera e volontaria, non la prescrizione di un medico. Ma quando ci si mette insieme, si crea un vincolo di partecipazione, che è insieme un diritto ed un dovere. Diritto a partecipare, a dire la propria, a confrontarsi con le idee altrui ma, una volta finita la discussione, farsi carico dell’esito del confronto. Non solo libertà d’espressione, ma condivisione delle scelte decise a maggioranza. L’idea che la libertà è non accettare la decisione collettiva che è adottata dall’insieme dei partecipanti, è alquanto singolare  e ha prodotto grandi errori come la mancata elezione a Presidente della Repubblica, prima di Marini e poi di Prodi. 
  • Quando si partecipa alla vita di un partito, sale il tasso di libertà, ma anche di responsabilità. La libertà non può essere disgiunta dal dovere e dalla responsabilità. Il partito non deve essere una caserma, ma neanche un’osteria. E questo, per me,  valeva allora ma, vale ancora oggi. Questo atteggiamento, ovviamente, non deve valere solo per il Segretario (anche Renzi, come ovvio, sbaglia) ma per tutti i dirigenti del PD. Per questo non ho condiviso e non condivido per nulla coloro che sono diventati specialisti nel denigrare il PD. Il nemico principale,  per troppi ex dirigenti, è diventato il PD!
Nell’ultimo periodo poi abbiamo assistito alla fiera dei personalismi. Non va bene! Discussione sì,
poi come sempre vale il principio di maggioranza. E quando si è minoranza, non si abbandona il
campo, ma si battaglia per ridiventare maggioranza. Questa, tra l’altro, è la mia esperienza nella
Cisl e nel PD. Buon lavoro.
Come puoi capire io sono convinto che non c’è storia fuori dal PD.
Con rinnovata stima,
Carlo Riboldi

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