Un cambio di passo per il futuro del Governo Letta
(dopo la “sbandata” di Berlusconi)


Martedì 2 ottobre Berlusconi è stato fermato, come conducente del Pdl, per guida in stato di “evidente confusione”. Questo evento potrebbe rendere l’attività del governo meno insicura. Almeno per qualche mese.
Tuttavia il problema vero del governo non è solo la sua tenuta o la sua durata, ma l’effettiva capacità di modificare i termini della situazione economica e sociale, sempre più difficile. Il potere d’acquisto è diminuito del 4.7% e la disoccupazione, sempre più alta, mette in angoscia milioni di persone e di famiglie. Che fare, per uscire dai guai?
La prima cosa da fare è mettere sul tavolo una significativa riduzione del prelievo fiscale sui salari e sulle pensioni. Operazione che può essere realizzata, rispettando i vincoli economici e di bilancio, spostando il carico fiscale (assieme ad una più convincente lotta all’evasione e all’elusione fiscale) su rendite e consumi.
Sull’IVA bisogna puntare a un riesame complessivo delle aliquote, salvaguardando i consumi dei beni essenziali, e aumentando quelli che non corrispondono a bisogni reali, ma spesso a mode, alimentate anche da campagne pubblicitarie ingannevoli.

L’altra questione cruciale è il lavoro. O meglio, la mancanza di lavoro. L’Italia riesce a occupare meno del 55 per cento della popolazione in età di lavoro, mentre l’Europa supera il 65 per cento ed i paesi nordici il 70 per cento. Da noi milioni di cittadini sono costretti a restare inattivi. Privi, non solo di reddito, ma di speranza, di identità, di appartenenza, di cittadinanza. Perché essere senza lavoro, anche quando non significa necessariamente morire di fame, significa sempre essere esclusi.
Quali interventi allora. Agevolare gli investimenti pubblici e privati che portano a nuova occupazione. E’ ragionevole la proposta di riduzione del cuneo fiscale, purché si proceda a un radicale controllo di quelle innumerevoli agevolazioni fiscali, contributive, trasferimenti e contributi a fondo perduto (circa 35 miliardi ogni anno) che lo Stato distribuisce ai più svariati settori produttivi e che non producono alcun posto di lavoro in più.
E prendere con determinazione la decisione di redistribuire il lavoro disponibile, come hanno fatto negli altri paesi europei: in Germania la banca delle ore, in Olanda l’incentivazione del part-time volontario, in Francia la riduzione dell’orario settimanale. La redistribuzione del reddito e del lavoro non può rimanere estranea agli schemi di gioco del Governo Letta, pena il venir meno di ogni possibilità di cambiamento.

CR

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